[Missione] Paura dell'ignoto.

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    Faradel volava tranquillo sopra le grandi distese d'acqua della costa sud-ovest delle terre di Kamylt, del tutto rilassato e godendosi la luce calda del sole sulle ali e la schiena squamosa.
    Il White aveva ormai raggiunto la maturità ed era un ottimo esemplare per la sua specie: aveva infatti raggiunto presto delle buone dimensioni ed i muscoli guizzavano vivaci sotto la sua dura pelle mentre il collo era aggraziato ed al contempo grosso e forte. La coda lunga era piuttosto sottile in punta, ma anche estremamente agile, con essa Faradel aveva vinto molte gare con draghi anche più grandi di lui.
    Gli occhi di un profondo viola scuro contrastavano molto con il suo corpo candido, ma questo come anche il sottile disegno che si intravedeva sulle sue squame lo rendevano fiero.
    Improvvisamente molti metri sotto di lui la sua vista acuta intercettò un lieve movimento, probabilmente un animale da preda. Con un'aggraziata manovra cominciò a scendere in picchiata mentre il vento ruggiva intorno a lui e le zampe aderenti al suo corpo sentivano il forte cuore battere deciso, in piena sintonia nel suo elemento.
    Arrivato a circa 50 metri dal suolo potè notare che erano delle creature davvero strane, con un paio di corna piccole e molto grasse. Non avevano ali e camminavano su quattro zampe, mentre la pancia quasi toccava per terra. Sembravano dei cervi molto ma molto goffi. Notando il suo arrivo cominciarono a lanciare alte grida di terrore, e a correre ovunque, richiamando l'attenzione di un'altra creatura sconosciuta a Faradel: un umano.
    Ne aveva sentito parlare come delle creature infide come goblin e aggressive come grifoni anche se piuttosto fragili e facili da abbattere.
    Tuttavia la sua curiosità superava il desiderio di attaccarlo e con una lenta planata si preparò a scendere. L'umano estrasse un oggetto che lui non conosceva, ma non si preoccupò più di tanto essendo esso davvero piccolo.
    La creatura dal canto suo puntò la balestra contro il drago, impietrita dalla paura.



    Kheynra'Shi-Ren invece stava volando verso il rifugio di Zamie. Era dovuto volare via per qualche giorno in seguito ad una chiamata da parte della sua famiglia ed ora voleva godersi un po' di libertà. I suoi familiari avevano a malapena percepito l'odore di un umano su di lui, ma non essendone sicuri non vi avevano dato troppo peso.
    Improvvisamente notò un White della sua età volare innanzi a lui e scendere in picchiata verso un branco di animali ed il loro padrone umano. Preoccupato del possibile svolgersi degli eventi si nascose dietro una nuvola bassa ad osservare.
     
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    ps: per il momento uso il document fornito perché non ho avuto ancora tempo di creare il mio ç.ç


    Kheynra'Shi-Ren
    Dispiegò maggiormente le ali possenti, quella sinistra era leggermente piegata, a causa della cicatrice, che gli impediva di sforzare troppo i muscoli ormai atrofizzati inviandogli fitte di dolore, quando esagerava. Avvertiva distintamente le carezze del vento sulla membrana di pelle un artiglio e l’altro. Era così piacevole, volare nel cielo, senza pensare a nulla, se non al senso di libertà che lo invadeva. Era una bella giornata, il cielo era quasi del tutto terso, ad eccezione di alcune sparute nuvole di passaggio, e i raggi del sole battevano sulle sue scaglie, scaldandolo e creando un meraviglioso contrasto con l’aria fresca. Inspirò profondamente, chiudendo gli occhi ambrati e godendosi l’odore salmastro del mare. Aveva trascorso tre giorni nel nido della sua famiglia. Di solito non era tipo da scapicollarsi per rispondere a una chiamata, ma stavolta aveva deciso di comportarsi da bravo cucciolo, per evitare che il resto del branco decidesse di venire nella sua tana, per controllare che stesse bene. Era stato estremamente stressante: conoscendo suo padre, era sicuro che non si fosse lasciato sfuggire il forte odore di umano che aveva addosso. Insomma, non era facile disfarsene, soprattutto dopo anni di convivenza con una di quelle creature tanto bizzarre. Non avevano squame e la maggior parte del loro corpo era senza peli, tranne la testa, che ne era piena. Visto che non avevano il manto per proteggersi dal freddo, usavano le pellicce e la pelle degli altri animali, avvolgendosele attorno. Erano fragili, ma intelligenti: anche se non avevano zanne e artigli temibili, erano capaci di crearsele dalle rocce e dagli alberi, e costruivano nidi persino più belli e complessi delle case degli uccelli. Lo affascinavano… e lui era così stupidamente curioso. Sho pensava che gli umani fossero orrende creature capaci solo di uccidere (in effetti, per un po’ gli aveva creduto, quando aveva visto Zaime procurarsi la sua prima pelliccia di volpe), ma non era così. Khey era convinto che in realtà avessero solo una grandissima (e a volte incontrollata) capacità di adattamento e sopravvivenza. Insomma, facevano tutto ciò che era in loro potere per riuscire a vivere. Solo che suo padre questo non lo poteva sapere, visto che li evitava come se fossero draghi mille folte più grandi e forti di loro. Eppure, non sembrava ne avesse paura: più che altro, li disprezzava. Sbatté un paio di volte le ali, per mantenersi a una buona quota. Dall’altezza in cui si trovava, riusciva già a vedere la spiaggia in lontananza. Lanciò uno sguardo allo stormo di albatros, che si stavano cimentando in vistose picchiate per catturare il pasto del giorno. Avrebbe potuto banchettare con un paio di uccelli, ma per loro fortuna aveva già cacciato, prima di mettersi in viaggio per tornare al proprio nido. Ora il suo pensiero più impellente era controllare le condizioni di Zaime. L’ultima volta che l’aveva lasciata sola per più di due giorni, era riuscita ad allontanarsi di diverse leghe dal suo nido e a finire cacciata da una Flamingo particolarmente feroce. Al solo pensiero, gli sfuggì un ringhio di frustrazione: dannato cucciolo di umano… sembrava che cacciarsi nei guai fosse la sua attività preferita. Riprese a sbattere le ali, accelerando di molto la velocità in volo. Stava ormai arrivando nei pressi della terraferma, quando notò un certo trambusto sotto di sé. Abbassò la testa, per capire di cosa si trattasse: un gruppo di creature grasse e quadrupedi correva terrorizzato di qua e di là. Fiutando l’aria e osservando meglio si rese conto che si trattava dei “muuuuuu muuuuuuuu”. Era così che li chiamava Zaime: per lui erano solo prede. A poca distanza dal bestiame, un grosso drago bianco stava planando. Sulle prime Kheynra non gli diede troppa attenzione: in fin dei conti le battute di caccia degli altri draghi non gli riguardavano, finché non coinvolgevano la cucciola che proteggeva tanto gelosamente. La tana dell’umana era parecchio lontana da lì, quindi, a meno che lei non se ne fosse di nuovo andata in giro per conto suo, cosa che non faceva da almeno due anni, per via dello spavento che aveva preso grazie al Flamingo Wyvern, ciò che lo sconosciuto stava cacciando era fuori dal suo interesse. Stava quasi per riprendere quota e volare dritto fino a casa, quando un odore diverso raggiunse il suo fiuto e lo bloccò. Si fermò appoggiandosi a una nuvola e chiudendo le ali sul corpo sinuoso, riprendendo ad annusare l’aria e osservando con attenzione l’essere verso il quale il suo simile stava volando. Umani… si erano spinti fin lì? Com’era possibile? Si sistemò meglio sulla nuvola, la coda ondeggiava e le orecchie erano dritte sul capo, lo sguardo curioso. Ora che prestava maggiori attenzioni alla situazione che gli era capitata davanti, iniziava a preoccuparsi: l’altro drago, un White che sembrava avere più o meno la sua stessa età, non pareva avere un assetto da caccia, anzi, dava l’idea che fosse attirato dall’essere sconosciuto che aveva visto. L’atteggiamento pacifico, però, non poteva essere attribuito anche all’umano: questi infatti era visibilmente terrorizzato e teneva in mano uno strano pezzo di legno. Aveva trascorso abbastanza tempo insieme a Zaime e aveva visto tanti altri umani da riuscire a riconoscere i loro comportamenti e i messaggi del corpo: non solo quello lì era impaurito, ma anche ostile. Inoltre quell’oggetto che teneva in mano… era familiare…

    “Oh, no!”, si era improvvisamente reso conto di cosa l’uomo stesse puntando contro il White: era uno “sputa-artigli-volanti” (così lo chiamava lui), lo conosceva perché aveva visto diverse volte altri umani usarlo per cacciare e proteggersi.

    «Cosa stai facendo?!», ruggì, rivolto al drago bianco in discesa, uscendo fuori dalla nuvola, allo scoperto, avvicinandosi un po’, ma tenendosi a distanza di sicurezza dall’umano, «Sbrigati e allontanati, o ti ferirà!», sì beh, era un egoista, ma non fino al punto da non avvertire un conspecifico del pericolo che correva.
     
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    L'aria rombava forte intorno a Faradel, ma non a sufficienza da impedirgli di sentire il ruggito di un altro drago. Sorpreso, e anche pronto a reagire se lo sconosciuto avesse avuto cattive intenzioni aprì le ali e frenò la picchiata, voltando appena la testa verso Khey. Vedendo che l'altro drago teneva comunque le distanze non si preoccupò granchè, anche se era alquanto perplesso dal suo atteggiamento.
    - Cosa stai facendo?! - sentì che diceva il Daydream - Sbrigati e allontanati, o ti ferirà! -
    A questo punto il White frenò decisamente la sua discesa, e prese a compiere un largo giro in circolo sopra l'umano ed il suo gregge, lanciando un'occhiata torva a Khey. Gli umani erano una razza rara in Kamylt, e ancora di più in quelle zone così ad est. La famiglia del Daydream non era la sola a non averli quasi mai visti e dunque a temerli o disprezzarli. Molti altri clan di draghi di diverse razze ne erano quantomeno infastiditi e Faradel inizialmentè pensò proprio a questo, osservando l'atteggiamento di Khey.
    Un altro drago che dava per scontato che gli umani fossero pericolosi e volessero solamente attaccare le altre creature.
    - E come potrebbe mai fare? E' piccolo ed indifeso come un cucciolo. Voglio solo vedere se riesce a comprendere il nostro linguaggio, sono curioso! Chi sei tu per sapere tanto sugli umani? -
    Il suo atteggiamento era sulla difensiva dal momento che il drago bianco era perfettamente conscio che molti altri della sua specie lo avrebbero biasimato per il suo comportamento. Tuttavia il suo temperamento cocciuto che tante azzuffate gli aveva causato da giovane non smetteva di decretare le sue scelte.
    L'umano intanto puntava la sua piccola arma tremante, ma le frecce andavano a vuoto essendo i due draghi entrambi fuori dalla sua portata.
    Era così terrorizzato dal drago bianco che quando sentì un secondo ruggito e vide Khey venire allo scoperto divenne pallido come la schiuma del mare e indietreggiando a tentoni per non dare loro le spalle cercò di raggiungere la sua piccola abitazione, in cerca di un rifugio.
    Le mucche intanto erano fuggite nella foresta che iniziava già molto fitta appena a 100 metri dalla tana dell'umano. I loro muggiti però invece che abbassarsi si levavano sempre più alti e disperati. Alcune mucche tornarono persino indietro, come se qualcosa avesse impedito loro di fuggire.

    Edited by Zaphira Serafine - 12/2/2014, 15:39
     
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    Khey se ne rimase fermo pe un po’, sbattendo le ali per mantenere la quota e la posizione. Il White sembrava aver sentito il suo avvertimento: aveva frenato a poco a poco la discesa, voltano appena il muso nella sua direzione e lanciandogli un’occhiataccia truce. Il Daydream sbuffò dalle narici del fumo bianco, scuotendo appena la testa nel ricevere quello sguardo. Fortunatamente, non era incline a infastidirsi per così poco, tant’è che si limitò solo a ricambiare, fissandolo con i suoi bei occhi ambrati e consapevoli, sicuramente molto più di quelli dell’altro. Lo osservò iniziare a compiere ampi cerchi nell’aria, sopra all’umano e al suo bestiame, il quale iniziò a fuggire da tutte le parti, specialmente nella foresta, dove credeva di trovare riparo. L’uomo invece, come si sarebbe aspettato da un essere di quella razza, iniziò a sparare gli “artigli-di-pietra” (le frecce) con il suo “sputa-artigli-volanti” (la balestra), nel disperato tentativo di colpire il drago bianco. Fortunatamente, questo era troppo in alto per poter essere raggiunto dalle armi dell’umano. Khey non era mai stato ferito da uno degli artigli costruiti dagli umani, ma aveva visto molti altri conspecifici venire attaccati da quelle creature, semplicemente perché ritenuti troppo pericolosi. Per questo conosceva il pericolo che il White aveva appena corso: per quanto fossero piccoli e fragili, dimostravano davvero una grande capacità d’adattamento e una forte aggressività, soprattutto se erano arrabbiati o spaventati.

    {E come potrebbe mai fare? E' piccolo ed indifeso come un cucciolo. Voglio solo vedere se riesce a comprendere il nostro linguaggio, sono curioso! Chi sei tu per sapere tanto sugli umani?}

    Ovviamente a Khey non sarebbe dispiaciuto trovarsi un altro umano come “amico”, oltre alla giovane Zaime, ma non sarebbe mai stato tanto stupido da usare un approccio tanto diretto. Era vero che amava rischiare, ma non fino al punto di uscirne ferito o (peggio ancora) di costringere l’esseruncolo alla fuga. Se c’era una cosa che aveva imparato, convivendo con la cucciola umana, era che l’imprevedibilità con loro fosse all’ordine del giorno e che non si potesse mai essere certi delle loro reazioni. Anche se un drago si avvicinava senza mostrare alcun segno di aggressività, un umano inesperto e spaventato avrebbe potuto comunque reagire con violenza, senza prendere in considerazione il comportamento pacifico della bestia. Vide l’uomo, che ormai si era accorto della sua presenza, indietreggiare a tentoni, per arrivare a quella che a Khey sembrava una delle tane che costruivano. Quell’atteggiamento poteva significare due cose: che rinunciava ad aggredirli, o che tornava indietro per recuperare qualche arma con cui difendersi. Il Daydream soppesò la quantità di terrore che riusciva a percepire da lì, osservando il comportamento dell’umano e annusandone l’odore, e decise che, in ogni caso, se non era riuscito a raggiungere il White con gli “artigli-di-pietra-volanti”, a maggior ragione non ci sarebbe riuscito con altri oggetti. Si decise ad avvicinarsi con tranquillità all’altro drago: spiegò le ali, quella sinistra sempre un po’ piegata per via della cicatrice, planando dolcemente sull’aria col suo corpo azzurro e sinuoso. Rallentò in prossimità del White, fino ad arrivargli di fianco e annusarlo. Le orecchie si alzarono e abbassarono. Quel drago non sembrava avere alcuna esperienza con quelle creature: da lui sentiva solo provenire il tipico aroma delle terre di Kamylt, quindi probabilmente era davvero solo curioso. Se da lui non avvertiva altro che odore di drago, l’avventato White invece poteva ben percepire il bizzarro aroma umano sulle sue squame. “Chi sei tu per sapere tanto sugli umani”, appariva una domanda quasi inutile, di fronte a quel fortissimo odore di umano al quale si mescolava il profumo di nuvole del Daydream.

    «Proprio perché è piccolo e indifeso come un cucciolo, non avresti dovuto avvicinarti con tanta avventatezza.», si limitò a mugolare Khey, abbassando lo sguardo sugli “artigli-di-pietra”, che ormai erano ricaduti a terra, senza aver colpito il grosso bersaglio.

    Stava sicuramente per aggiungere qualcosa, ma la sua attenzione venne catturata dalle “muuuuuuu-muuuuuuu”: erano fuggite nella foresta ma, stranamente, ora tornavano indietro. I loro versi erano diventati più alti e trasudavano terrore e disperazione. L’umano ancora indietreggiava verso la sua tana, ormai totalmente ignorato dal Daydream, le cui orecchie erano puntate verso la foresta. Di solito una preda, se trovava un luogo sicuro dove nascondersi, poi non tornava indietro. Le bestie che accompagnavano l’uomo, invece, erano corse in fretta allo scoperto, come se ci fosse dell’altro a spaventarle, mille volte più orribile di loro due. La sua curiosità lì ci mise lo zampino. Adorava rischiare e sembrava che il brivido lo attendesse lì, nascosto tra i fitti alberi della foresta. Lanciò uno sguardo ambrato al White: era un ammonimento, gli stava tacitamente suggerendo di non avvicinarsi ancora all’umano. Dopo quel messaggio silenzioso, scese di scatto in picchiata, planando in fretta sulla sabbia scottante e correndo per diversi metri per rallentare, una volta toccata terra. Si avvicinò alle “muuuuuuuu-muuuuuu” terrorizzate, “infiltrandosi” tra loro (incurante della loro possibile fuga) e acquattandosi come un micione troppo cresciuto, pronto all’attacco, tenendo le orecchie ben dritte e attente a percepire ogni singolo suono e i grandi occhioni ambrati fissi a scrutare l’intricata foresta.
     
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    Faradel guardò stupito l'atteggiamento così naturale che quel drago aveva nei confronti degli umani. Evidentemente la sua prima valutazione si era mostrata errata. Incuriosito rispose con un breve cenno di assenso all'occhiata di Khey che gli consigliava di non avvicinarsi, decidendo di mettere temporaneamente da parte l'orgoglio per saperne di più su quel Daydream che portava con sè non solo la conoscenza ma anche l'odore degli Umani.
    Dopotutto se un drago non sa avvicinare un umano qualsiasi approccio può risultare erroneo.. brontolò tra sè e sè
    Poi però seguendo Khey lo sguardo del Daydream si affretto ad atterrare accanto alle frecce che poco prima erano state dirette invano contro di lui. Le annusò e le rigirò tra le zampe fino a pungersi. - Mh... capisco. Almeno un po' pericolosi lo sono effettivamente...- Decise comunque di non condividere i suoi ragionamenti con l'altro drago perchè lo vedeva piuttosto impegnato a scrutare la foresta.
    Le mucche intanto giravano impazzite, non sapendo più dove andare.
    Faradel sogghignò davanti a quelle Rachin così stupide e se non avesse voluto in qualche modo avvicinare l'essere umano ne avrebbe anche mangiata una volentieri.

    Improvvisamente gli alberi si piegarono, si sentirono sonori crepiti e schiocchi di legno spezzato. Una grossa nuvola di terra e sabbia si sollevò dalla pineta che costeggiava la spiaggia mentre alcuni alberi crollavano al suolo totalmente sradicati.
    Un Vine emerse ruggendo dalla boscaglia, senza emergere del tutto dal suolo. La sua parte superiore comprese le zampe anteriori sporgeva dal suolo e così anche quattro lunghi tentacoli che sembravano di origine vegetale, ma che da come si contorcevano era ovvio che facevano parte del drago stesso.
    Uno dei tentacoli afferrò subito molto rapidamente una mucca e la stritolò in pochi secondi. Il Vine sembrò non badare minimamente ai due draghi e prese a mangiare la preda con gusto mentre i suoi rampicanti si agitavano intorno a lui.

    L'uomo uscì in quel momento dalla capanna con in braccio un'altra balestra più grande e carica. Vide il Vine che stava mangiando e semplicemente svenne sull'uscio di casa, ma prima lanciò un alto urlo stridulo.
    Il Vine alzò la testa di scatto verso di lui e rimase immobile, bloccato. Lentamente snudò le zanne in un ghigno malvagio e fu allora che i due draghi notarono una cosa: era cieco.

    Edited by Zaphira Serafine - 24/4/2014, 23:13
     
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