[Missione] Paura dell'ignoto.

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  1. The Sadistic One
     
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    ps: per il momento uso il document fornito perché non ho avuto ancora tempo di creare il mio ç.ç


    Kheynra'Shi-Ren
    Dispiegò maggiormente le ali possenti, quella sinistra era leggermente piegata, a causa della cicatrice, che gli impediva di sforzare troppo i muscoli ormai atrofizzati inviandogli fitte di dolore, quando esagerava. Avvertiva distintamente le carezze del vento sulla membrana di pelle un artiglio e l’altro. Era così piacevole, volare nel cielo, senza pensare a nulla, se non al senso di libertà che lo invadeva. Era una bella giornata, il cielo era quasi del tutto terso, ad eccezione di alcune sparute nuvole di passaggio, e i raggi del sole battevano sulle sue scaglie, scaldandolo e creando un meraviglioso contrasto con l’aria fresca. Inspirò profondamente, chiudendo gli occhi ambrati e godendosi l’odore salmastro del mare. Aveva trascorso tre giorni nel nido della sua famiglia. Di solito non era tipo da scapicollarsi per rispondere a una chiamata, ma stavolta aveva deciso di comportarsi da bravo cucciolo, per evitare che il resto del branco decidesse di venire nella sua tana, per controllare che stesse bene. Era stato estremamente stressante: conoscendo suo padre, era sicuro che non si fosse lasciato sfuggire il forte odore di umano che aveva addosso. Insomma, non era facile disfarsene, soprattutto dopo anni di convivenza con una di quelle creature tanto bizzarre. Non avevano squame e la maggior parte del loro corpo era senza peli, tranne la testa, che ne era piena. Visto che non avevano il manto per proteggersi dal freddo, usavano le pellicce e la pelle degli altri animali, avvolgendosele attorno. Erano fragili, ma intelligenti: anche se non avevano zanne e artigli temibili, erano capaci di crearsele dalle rocce e dagli alberi, e costruivano nidi persino più belli e complessi delle case degli uccelli. Lo affascinavano… e lui era così stupidamente curioso. Sho pensava che gli umani fossero orrende creature capaci solo di uccidere (in effetti, per un po’ gli aveva creduto, quando aveva visto Zaime procurarsi la sua prima pelliccia di volpe), ma non era così. Khey era convinto che in realtà avessero solo una grandissima (e a volte incontrollata) capacità di adattamento e sopravvivenza. Insomma, facevano tutto ciò che era in loro potere per riuscire a vivere. Solo che suo padre questo non lo poteva sapere, visto che li evitava come se fossero draghi mille folte più grandi e forti di loro. Eppure, non sembrava ne avesse paura: più che altro, li disprezzava. Sbatté un paio di volte le ali, per mantenersi a una buona quota. Dall’altezza in cui si trovava, riusciva già a vedere la spiaggia in lontananza. Lanciò uno sguardo allo stormo di albatros, che si stavano cimentando in vistose picchiate per catturare il pasto del giorno. Avrebbe potuto banchettare con un paio di uccelli, ma per loro fortuna aveva già cacciato, prima di mettersi in viaggio per tornare al proprio nido. Ora il suo pensiero più impellente era controllare le condizioni di Zaime. L’ultima volta che l’aveva lasciata sola per più di due giorni, era riuscita ad allontanarsi di diverse leghe dal suo nido e a finire cacciata da una Flamingo particolarmente feroce. Al solo pensiero, gli sfuggì un ringhio di frustrazione: dannato cucciolo di umano… sembrava che cacciarsi nei guai fosse la sua attività preferita. Riprese a sbattere le ali, accelerando di molto la velocità in volo. Stava ormai arrivando nei pressi della terraferma, quando notò un certo trambusto sotto di sé. Abbassò la testa, per capire di cosa si trattasse: un gruppo di creature grasse e quadrupedi correva terrorizzato di qua e di là. Fiutando l’aria e osservando meglio si rese conto che si trattava dei “muuuuuu muuuuuuuu”. Era così che li chiamava Zaime: per lui erano solo prede. A poca distanza dal bestiame, un grosso drago bianco stava planando. Sulle prime Kheynra non gli diede troppa attenzione: in fin dei conti le battute di caccia degli altri draghi non gli riguardavano, finché non coinvolgevano la cucciola che proteggeva tanto gelosamente. La tana dell’umana era parecchio lontana da lì, quindi, a meno che lei non se ne fosse di nuovo andata in giro per conto suo, cosa che non faceva da almeno due anni, per via dello spavento che aveva preso grazie al Flamingo Wyvern, ciò che lo sconosciuto stava cacciando era fuori dal suo interesse. Stava quasi per riprendere quota e volare dritto fino a casa, quando un odore diverso raggiunse il suo fiuto e lo bloccò. Si fermò appoggiandosi a una nuvola e chiudendo le ali sul corpo sinuoso, riprendendo ad annusare l’aria e osservando con attenzione l’essere verso il quale il suo simile stava volando. Umani… si erano spinti fin lì? Com’era possibile? Si sistemò meglio sulla nuvola, la coda ondeggiava e le orecchie erano dritte sul capo, lo sguardo curioso. Ora che prestava maggiori attenzioni alla situazione che gli era capitata davanti, iniziava a preoccuparsi: l’altro drago, un White che sembrava avere più o meno la sua stessa età, non pareva avere un assetto da caccia, anzi, dava l’idea che fosse attirato dall’essere sconosciuto che aveva visto. L’atteggiamento pacifico, però, non poteva essere attribuito anche all’umano: questi infatti era visibilmente terrorizzato e teneva in mano uno strano pezzo di legno. Aveva trascorso abbastanza tempo insieme a Zaime e aveva visto tanti altri umani da riuscire a riconoscere i loro comportamenti e i messaggi del corpo: non solo quello lì era impaurito, ma anche ostile. Inoltre quell’oggetto che teneva in mano… era familiare…

    “Oh, no!”, si era improvvisamente reso conto di cosa l’uomo stesse puntando contro il White: era uno “sputa-artigli-volanti” (così lo chiamava lui), lo conosceva perché aveva visto diverse volte altri umani usarlo per cacciare e proteggersi.

    «Cosa stai facendo?!», ruggì, rivolto al drago bianco in discesa, uscendo fuori dalla nuvola, allo scoperto, avvicinandosi un po’, ma tenendosi a distanza di sicurezza dall’umano, «Sbrigati e allontanati, o ti ferirà!», sì beh, era un egoista, ma non fino al punto da non avvertire un conspecifico del pericolo che correva.
     
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4 replies since 15/1/2014, 14:50   86 views
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