[Missione] Paura dell'ignoto.

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  1. The Sadistic One
     
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    Khey se ne rimase fermo pe un po’, sbattendo le ali per mantenere la quota e la posizione. Il White sembrava aver sentito il suo avvertimento: aveva frenato a poco a poco la discesa, voltano appena il muso nella sua direzione e lanciandogli un’occhiataccia truce. Il Daydream sbuffò dalle narici del fumo bianco, scuotendo appena la testa nel ricevere quello sguardo. Fortunatamente, non era incline a infastidirsi per così poco, tant’è che si limitò solo a ricambiare, fissandolo con i suoi bei occhi ambrati e consapevoli, sicuramente molto più di quelli dell’altro. Lo osservò iniziare a compiere ampi cerchi nell’aria, sopra all’umano e al suo bestiame, il quale iniziò a fuggire da tutte le parti, specialmente nella foresta, dove credeva di trovare riparo. L’uomo invece, come si sarebbe aspettato da un essere di quella razza, iniziò a sparare gli “artigli-di-pietra” (le frecce) con il suo “sputa-artigli-volanti” (la balestra), nel disperato tentativo di colpire il drago bianco. Fortunatamente, questo era troppo in alto per poter essere raggiunto dalle armi dell’umano. Khey non era mai stato ferito da uno degli artigli costruiti dagli umani, ma aveva visto molti altri conspecifici venire attaccati da quelle creature, semplicemente perché ritenuti troppo pericolosi. Per questo conosceva il pericolo che il White aveva appena corso: per quanto fossero piccoli e fragili, dimostravano davvero una grande capacità d’adattamento e una forte aggressività, soprattutto se erano arrabbiati o spaventati.

    {E come potrebbe mai fare? E' piccolo ed indifeso come un cucciolo. Voglio solo vedere se riesce a comprendere il nostro linguaggio, sono curioso! Chi sei tu per sapere tanto sugli umani?}

    Ovviamente a Khey non sarebbe dispiaciuto trovarsi un altro umano come “amico”, oltre alla giovane Zaime, ma non sarebbe mai stato tanto stupido da usare un approccio tanto diretto. Era vero che amava rischiare, ma non fino al punto di uscirne ferito o (peggio ancora) di costringere l’esseruncolo alla fuga. Se c’era una cosa che aveva imparato, convivendo con la cucciola umana, era che l’imprevedibilità con loro fosse all’ordine del giorno e che non si potesse mai essere certi delle loro reazioni. Anche se un drago si avvicinava senza mostrare alcun segno di aggressività, un umano inesperto e spaventato avrebbe potuto comunque reagire con violenza, senza prendere in considerazione il comportamento pacifico della bestia. Vide l’uomo, che ormai si era accorto della sua presenza, indietreggiare a tentoni, per arrivare a quella che a Khey sembrava una delle tane che costruivano. Quell’atteggiamento poteva significare due cose: che rinunciava ad aggredirli, o che tornava indietro per recuperare qualche arma con cui difendersi. Il Daydream soppesò la quantità di terrore che riusciva a percepire da lì, osservando il comportamento dell’umano e annusandone l’odore, e decise che, in ogni caso, se non era riuscito a raggiungere il White con gli “artigli-di-pietra-volanti”, a maggior ragione non ci sarebbe riuscito con altri oggetti. Si decise ad avvicinarsi con tranquillità all’altro drago: spiegò le ali, quella sinistra sempre un po’ piegata per via della cicatrice, planando dolcemente sull’aria col suo corpo azzurro e sinuoso. Rallentò in prossimità del White, fino ad arrivargli di fianco e annusarlo. Le orecchie si alzarono e abbassarono. Quel drago non sembrava avere alcuna esperienza con quelle creature: da lui sentiva solo provenire il tipico aroma delle terre di Kamylt, quindi probabilmente era davvero solo curioso. Se da lui non avvertiva altro che odore di drago, l’avventato White invece poteva ben percepire il bizzarro aroma umano sulle sue squame. “Chi sei tu per sapere tanto sugli umani”, appariva una domanda quasi inutile, di fronte a quel fortissimo odore di umano al quale si mescolava il profumo di nuvole del Daydream.

    «Proprio perché è piccolo e indifeso come un cucciolo, non avresti dovuto avvicinarti con tanta avventatezza.», si limitò a mugolare Khey, abbassando lo sguardo sugli “artigli-di-pietra”, che ormai erano ricaduti a terra, senza aver colpito il grosso bersaglio.

    Stava sicuramente per aggiungere qualcosa, ma la sua attenzione venne catturata dalle “muuuuuuu-muuuuuuu”: erano fuggite nella foresta ma, stranamente, ora tornavano indietro. I loro versi erano diventati più alti e trasudavano terrore e disperazione. L’umano ancora indietreggiava verso la sua tana, ormai totalmente ignorato dal Daydream, le cui orecchie erano puntate verso la foresta. Di solito una preda, se trovava un luogo sicuro dove nascondersi, poi non tornava indietro. Le bestie che accompagnavano l’uomo, invece, erano corse in fretta allo scoperto, come se ci fosse dell’altro a spaventarle, mille volte più orribile di loro due. La sua curiosità lì ci mise lo zampino. Adorava rischiare e sembrava che il brivido lo attendesse lì, nascosto tra i fitti alberi della foresta. Lanciò uno sguardo ambrato al White: era un ammonimento, gli stava tacitamente suggerendo di non avvicinarsi ancora all’umano. Dopo quel messaggio silenzioso, scese di scatto in picchiata, planando in fretta sulla sabbia scottante e correndo per diversi metri per rallentare, una volta toccata terra. Si avvicinò alle “muuuuuuuu-muuuuuu” terrorizzate, “infiltrandosi” tra loro (incurante della loro possibile fuga) e acquattandosi come un micione troppo cresciuto, pronto all’attacco, tenendo le orecchie ben dritte e attente a percepire ogni singolo suono e i grandi occhioni ambrati fissi a scrutare l’intricata foresta.
     
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