Allenamento Vahlok

Tarrqor

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  1. Spyro17
     
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    Vahlok


    Vahlok fiutò l’aria attorno a se’. Il suo olfatto non percepì nulla di sospetto se non aria calda e sabbia. Starnutì via dalle narici la polvere che vi si era accumulata e scese a terra. Attorno a lui non vedeva nessun essere vivente se non in lontananza la famiglia di nebula con cui aveva viaggiato per tre notti e che avrebbe continuato il viaggio ancora per qualche kilometro prima di riposare. Una piccola nube di sabbia di alzò quando Vahlok posò le sue zampe posteriori sulla sabbia. Quel luogo sembrava tranquillo, ma non meno desertico e pericoloso di tutte le altre miglia viste fino a quel momento. Mosse qualche passo sulla sabbia chiedendosi quale insegnamento poteva dargli Tarrqor in un luogo simile. Aveva imparato molto dall’antico Thunder, ma erano prettamente le leggi di sopravvivenza di quel luogo così impervio.
    Il posto attorno a lui era molto strano. Due monoliti erano stati eretti nel mezzo del nulla. Erano parte di una costruzione più grande andata distrutta? No, sarebbero molto più danneggiati. Servivano per studiare le stelle come gli altri massi eretti e scolpiti dagli umani? Zio Wolfram gli aveva raccontato questa diceria quando era cucciolo. Ma come potevano pietre orizzontali e verticali studiare le stelle? “Ah umani tanto interessanti quanto deboli. Ma ricordate cuccioli, quando siete da soli e loro in gruppo allora si che dovete temerli. Possono rivelare una forza mostruosa quando sono tutti insieme”.
    Quanto gli mancava zio Wolfram, avrebbe davvero voluto viaggiare con lui o reincontrarlo. Magari avrebbe avuto conoscenze molto più vaste e avrebbe saputo aiutarlo sulle montagne quando aveva incontrato i DayDream.
    Chissà come se la stanno cavando… pensò Vahlok sbadigliando in uno sbadiglio così grande che aveva allargato la bocca il massimo possibile. Quando richiuse le fauci deglutì la saliva che si era formata e si asciugo le lacrime sotto gli occhi. Iniziava a sentirsi stranamente stranamente stanco. Che ci fosse un daydream che stava cercando di addormentarlo? Scosse la testa per cercare di svegliarsi e facendolo gli parve come se avesse leggermente diradato una sorta di nebbia che gli stava attanagliando i ricordi come quella patina di sfocatura che rende indistinguibili le immagini quando ci si addormenta. Appena però smise di muovere il muso a destra e sinistra la patina sfuocata riappariva. Che diavolo stava succedendo?
    Avvertì un leggero colpo sulla schiena. Si voltò per vedere chi o cosa l’avesse causato e si trovò faccia a faccia con Tarrqor. Quando era arrivato? Da dove? Perché non aveva avvertito la sua presenza? La coda del Thunder lo colpì ancora e poi si mosse come a far segno a Vahlok di seguirlo. Vahlok si mosse dietro al grande drago nero che aveva preso a parlare:
    -Non farti ingannare dalle magie del deserto. Stiamo per inoltrarci nelle Montagne Cave, luogo impervio e desolato, ma proprio per questo adatto per allenare il corpo e la mente. I Menhir che hai visto sono le porte di questo luogo, messi come un avvertimento. Sono ricchi di magia antica il cui scopo e farti desistere dall'avventurarti oltre questo luogo. Sono loro che hanno schermato con un velo di sabbia l'orizzonte, per non farti vedere questi picchi selvaggi.-
    Vahlok oltrepassò i due massi dietro al maestro e solo una volta che lo ebbe fatto riuscì a vedere un mondo totalmente diverso: niente più sabbia niente più dune, ma roccia, solo roccia per diverse miglia. Che magia era mai questa? Le parole di Tarrqor avevano svelato in parte il mistero, ma c’era ancora così tanto che Vahlok non capiva.
    - Cosa cela questa magia? Chi l’ha fatta? Per proteggere cosa? Perché non dovrei entrare in questo luogo? C’entrano gli umani?–
    Chiese Vahlok tutto d’un fiato senza dare tempo all’altro di rispondere. Il suo fiume di parole si interruppe solo quando avvertì il suo corpo emanare scintille proprio come faceva il corpo di Tarrqor. Si sentiva stranamente elettrico e ognuna delle sue scariche, notò, veniva attratta dai menhir. Ci avvicinò la punta della coda e un fulminetto congiunse la coda al sasso. Spostò la coda, faceva il solletico. La riavvicinò e un nuovo fulmine partì da essa. Avvicinò poi un dito della zampa destra. A guardarlo da fuori sembrava davvero un cucciolo che studiava qualcosa di nuovo, la sua attenzione era totalmente rivolta all’oggetto sconosciuto ed era chiusa al contatto con qualsiasi altro essere. Tarrqor dovette dargli un’altra codata, più forte delle precedenti per riscuoterlo dal suo gioco.
    Vahlok riscossosi raggiunse il maestro e camminandogli al fianco, leggermente indietro. Tarqor era quasi il doppio di lui e facendo combaciare i due fianchi la testa di Vahlok non arrivava oltre la spalla dell’altro.
    Almeno io mi immagino che tarrqor sia molto più grosso di Vahlok, ma dimmi te se è vero o meno
    - Chiedo scusa – Sussurrò Vahlok. Tornò a guardare in silenzio il nuovo paesaggio attorno a lui. Era così diverso da quello alle sue spalle anche se voltandosi non riusciva a vedere un confine netto, ma la roccia sfumava nel territorio sabbioso. Quel luogo aveva anche una sonorità particolare, i movimenti dei due corpi risaltavano in maniera incredibile in quel silenzio innaturale tanto che si poteva sentire le unghie quasi tintinnare sulla roccia.
    "Sono giunto qui con un giorno di anticipo rispetto a voi, ho preso una via più lunga ma sfruttando correnti stagionali ho potuto controllare un gruppo di Red della zona est del deserto prima di raggiungervi"
    I red? Quei draghi babbioni che si credevano i migliori solo perché gli umani li avevano presi come simbolo? Quelli che cantavano “we are the one who ignite the darkned sky”? Che si credevano I migliori? Quei bestioni senza cervello? Come si poteva andare d’accordo con certe lucertole? I red vivevano anche sui vulcani ed era in queio territori che li si poteva sentire cantare quella canzone. Non era molto chiaro il perché, ma i seragramma, o almeno il gruppo di Vahlok, non vedeva di buon occhio la stirpe dei draghi rossi. Forse qualche vecchia rivalità di clan, ma erano ormai generazioni che si odiavano e nessuno sapeva perché. Vahlok però non proferì parola. Tarrqor era il guardiano di quei luoghi e aveva senso che viaggiasse per accertarsi delle condizioni dei suoi abitanti. “Probabilmente” pensò il seragramma” non mi ha portato con lui perché credeva che non reggessi il suo passo. O forse si vergogna di me….”
    Camminarono in silenzio per diverse ore, Vahlok non aveva ben compreso perché non potessero volare, ma non ebbe il coraggio di chiedere spiegazioni.
    Man mano che avanzavano la terra sembrava diventare sempre più simile alla pelle di un riccio con molti spuntoni di roccia che come aculei si innalzavano. Come stalagmiti nelle grotte sfidavano la gravità, ma non erano così abbondanti come gli aculei di un riccio, almeno non in quella zona.
    - Devi imparare a colpire il tuo nemico sui punti più deboli, veloce come un serpente, preciso come un aquila e forte come un lupo.-
    Tarqorr quindi compì un mezzo giro su se stesso mentre la sua coda sferzava l’aria e seccamente divise a metà alcuni spuntoni di roccia dalla base piuttosto larga.
    - Ti insegnerò ad usare la tua coda come un'arma formidabile, per raggiungere questi punti dove le zanne non possono e cogliere di sorpresa chi hai di fronte. Tu prova con queste più piccole, scegli bene come inclinare la coda.-
    Il vecchio Thunder gli indicò col muso un’area composta da rocce pi’ù piccole e fragili che avrebbero fatto da manichino per l’allenamento del giovane apprendista. Vahlok si diresse in quella direzione andando al centro di quelle rocce. Squadrò tutte e cinque le rocce attorno a lui. La cima era di sicuro la parte più sottile e debole, ma di certo la struttura non sarebbe crollata se mancava la cima. La base al contrario era troppo solida per essere buttata giù come niente. Tarrqor aveva affettato le sue colpendole poco sotto la metà. Quelle rocce di altezza pari a quella dei goblin affrontati sulle montagne sembravano aspettare che Vahlok facesse lo stesso. Portò la coda tra due rocce. Portò la coda vicina ad una di esse come per colpirla, ma non lo voleva fare davvero, stava solo studiando l’altezza del colpo. Ora era troppo in alto. Allontanò la coda e provò ad avvicinarglisi nuovamente. Ora era troppo in basso. Il terzo tentativo fu quello buono, era più o meno nella giusta direzione. Allontanò la coda per prendere lo slancio per spaccarle tutte. Sembrava facile. Colpì la prima con la coda di piatto, ma la roccia non si scalfì nemmeno. L’unica ad essere danneggiata fu la coda che si prese in pieno una bella botta.
    “non scoraggiarti, riprova” Si disse. Colpì altre tre volte sempre nello stesso punto aumentando man mano la forza ma nulla di fatto. L’unica cosa che si modificava era la coda che stava assumendo un colore violaceo mentre la roccia era immobile come a farsi beffe di lui.
    Colpì la roccia con ancora più forza ma stavolta la coda era di taglio e aveva colpito con la parte superiore della stessa. Sulla roccia si era formata una piccola crepa. Stava iniziando a cedere finalmente.
    Allontanò la coda dall’obbiettivo, regolò l’altezza, regolò la posizione della coda in modo da colpire con la parte sopra di essa e colpì il più forte e velocemente che potesse al momento. La prima roccia, già crepata si sgretolò sotto il colpo di coda. La coda però non proseguì verso la seconda roccia in serie perché nello scontro con la prima aveva perso la sua velocità e forza.

     
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