New record on Dragon Cave Ita!!!

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    Mother of Dragons

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    L'Arpia
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    Dragon cave

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    Fondato in data 02-01-2010, può quindi definirsi il primo forum italiano interamente dedicato a Dragon Cave.

    Fino al 9 settembre di quest'anno il forum aveva avuto un massimo di 6 utenti ad aprile 2011, ma ieri sera, il 25 settembre 2011 abbiamo raggiunto la quota di 10 utenti collegati contemporaneamente XD

    Sappiamo che non è molto, ma per festeggiare gli ultimi arrivi, improvvisamente e molto felicemente aumentati, ricordiamo a tutti la nostra presenza sempre maggiore!

    Perchè Dragon Cave in italiano... serve!!!! :lol:

    Per festeggiare ecco il banner da mettere in firma (rukia provvederà tra poco a postarlo) e l'iniziativa originale del nostro forum. Come sapete c'è un Gdr aperto, ma non ancora attivo. Bene, per esercitarvi e magari interessarvi indico una gara al miglior...

    Descriptor dragons!



    In cosa consiste?

    In una gara al migliore descrittore di draghi.
    Ognuno di voi potrà descrivere un drago nato dalla propria fantasia (sono vietati i suggerimenti che possono derivare da immagini in Internet).
    Come vi immaginate un drago? Descrivetelo fino all'ultima squama, narrate del luccichio bramoso dei suoi occhi o degli artigli affilati come lame. Resoconti dettagliati e scorrevoli... a voi la parola!

    Vanno postate le descrizioni entro il 25 ottobre.


    Il resoconto più realista e coinvolgente verrà premiato con:
    - un disegno a mano del drago descritto
    - Una richiesta di breeding (esclusi i mettalics)


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    Iscritti



    ¬Nikko™
    In una lontana terra, l’ isola di Laoshar, un’ isola disabitata e con moltissima vegetazione, oggetto di molti studi, c’è un vulcano enorme. Questo vulcano erutta continuamente. Ad ogni eruzione, per proteggere la fitta flora e la rigogliosa fauna dell’ isola, un drago potentissimo di medie dimensioni blocca il magma e lo trasforma in terra fertile, per poter far crescere altra flora e per ospitare altra fauna.
    Gli studiologi dell’ isola lo chiamano Tralkasar. Tralkasar è detto anche “quadrupede vegetale”. I lunghi secoli passati sull’ isola a bloccare eruzioni per proteggere la grande isola lo hanno trasformato nei secoli. Nonostante numerosi scienziati lo abbiano avvistato, solo uno è in grado di riportare nei più minimi dettagli il suo aspetto fisico:

    Tralkasar ha uno corpo lungo e snello, come un cavallo. La sua pelle è di color marroncino, ma sulla sua schiena e sul suo addome sono cresciuti, nei secoli, funghi, erbe medicinali, fiori, piccoli alberelli e, addirittura, il suo corpo può ospitare piccoli insetti. ha quattro zampe, dotate ognuna di 4 dita, su cui si muove agilmente. Esse sono circondate da muschio, che le ricoprono interamente. Le sue zampe anteriori, sono in grado di rilasciare il suo potere che ferma il magma, semplicemente impennandosi sulle zampe posteriori e sbattendo violentemente a terra quelle anteriori. La sua coda, una coda possente e lunga poco più della metà del suo corpo, ha meno vegetazione di quest’ ultimo. Ciò è dovuto al fatto che, muovendola costantemente, solo muschi e licheni e dell’ erba resiste allo sforzo e, alle volte, nemmeno queste ultime. All’ attaccatura tra addome e zampe e tra schiena e coda vi sono degli anelli di color rosso vivo. Il suo collo, simile ma non uguale a quello di un cavallo, presenta una cicatrice lunga quanto esso. Nessuno sa’ come gli sia venuta. È l’ unica parte del corpo che non presenta alcuna forma di flora, probabilmente per colpa della cicatrice, ed è, quindi, di color marroncino, come la sua pelle. La sua testa presenta un muso lungo, che termina con il suo naso di color nero. La sua bocca, sotto al naso, presenta denti consumati dal continuo ruminare fatto nei secoli. I suoi occhi, grandi più o meno come una noce, sono di color azzurro chiaro. Sulla sua fronte, poco sopra gli occhi, c’è una piccola sfera di color rosso vivo. Gli studiosi suppongono che sia da lì che proviene il suo potere e anche la continua stabilità dell’ isola. Tralkasar ha, infine, due grandi ali, l’ unica parte del suo corpo verde anche senza vegetazione. Queste ali si sono evolute nel tempo. Per poter sopportare meglio il peso che la flora e la fauna esercitavano su di lui, queste ali si sono ingrandite, fino a diventare come sono ora. Gli angoli delle ali non sono arrotondate, ma appuntite, per far sì che, in volo, ripiegando le ali, si abbia meno attrito con l’ aria e più velocità di volo.

    Quando è sveglio è spesso accerchiato da farfalle multicolore, che gli studiosi usano per individuarlo. Nonostante ciò, dorme spesso per accumulare energie da rilasciare nella successiva eruzione. Mentre dorme arrotola la coda attorno al suo corpo per riscaldarsi nelle fredde grotte di Laoshar. Solo uno studioso lo ha visto in questo stato e, senza minimo rumore, ha annotato tutti i suoi caratteri fisici. Alcuni sostengono sia di carattere assolutamente docile, che non farebbe del male ad una mosca. Si arrabbia solo se qualcuno compromette l’ equilibrio naturale di Laoshar. Nonostante sia stato creato un dettagliato resoconto del drago, Tralkasar è oggetto di ancora moltissimi studi.



    ~ Nightmare ~

    Tutti dicevano che era pericoloso, che non bisognava avvicinarsi alla grotta sulla montagna e che nessuno di coloro che ci era andato aveva mai fatto ritorno perché quella era una grotta maledetta, abitata da un'enorme creatura malvagia, ma io non ci credevo a quella stupida leggenda.
    Volevo vederlo con i miei occhi quello spaventoso essere che abitava i dintorni del villaggio, così, senza dire nulla, una sera di luna piena mi addentrai nella foresta, seguando il sentiero che portava alla grotta.
    Ci misi poco più di mezz'ora a raggiungere l'ingresso, ritrovandomi in un paesaggio roccioso e privo di qualsiasi forma di vita per almeno dieci metri intorno a quell'apertura che si adddentrava nel cuore della montagna.
    Entrai cautamente, cercando di fare il meno rumore possibile.
    I miei occhi dovevano ancora abituarsi al buio che regnava lì dentro, ma già intravedevo qualcosa: una sagoma più scura che si muoveva appena. Dopo alcuni passi mi si gelò il sangue nelle vene sentendo il suo respiro, che sembrava quasi un ringhio sommesso. Mi feci coraggio e mi avvicinai alla creatura, sentendo un caldo tepore provenire da essa.
    Le sue dimensioni erano notevoli, ma non eccessive, benché fosse sdraiata e appena raggomitolata su se stessa, la creatura non arrivava più in alto della mia spalla. Ormai iniziavo a veder bene in quella semi-oscurità, notando sia le magnifiche ed aggraziate proporzioni che aveva il suo corpo sia le grandi ali chiuse che aveva ripiegate sui fianchi.
    Non riuscivo a credere che davanti ai miei occhi stesse dormendo un drago.
    Il mio cuore batteva come impazzito quando accorciai ancora le distanze per vedere meglio la creatura che riposava.
    La testa era abbastanza grande e affusolata, con il muso allungato e le fauci appena dischiuse che mostravano due per nulla rassicuranti file di denti.
    Il collo era lungo quasi quanto le sue zampe e queste ultime terminavano con quattro dita artigliate più un quinto dito, che stava quasi a metà tra quelli che si potevano definire come polsi e gomiti.
    Dalla gola fino alla coda, passando per l'addome snello, tre file di scaglie larghe creavano una sorta di armatura naturale, che molto probabilmente offrivano anche poca resistenza all'aria, consentendogli acrobazie altrimenti difficili.
    Non sembrava avere grandi corna o spine ossee lungo il dorso, bensì possedeva due lunghe orecchie ripiegate all'indietro, simili a quelle di un coniglio, mentre la schiena era divisa da una specie di criniera dall'aspetto liscio e morbido che arrivava alla fine della coda, sparendo in uno o due peli sul fondo di essa.
    La coda era davvero lungha rispetto al resto: sembrava quasi una volta e mezza la lunghezza dell'intero corpo.
    Finalmente riuscivo a vedere abbastanza bene da provare a contare le "dita" che sostenevano la delicata membrana delle ali, arrivando a cinque, uno dei quali non era collegato agli altri ed essendo molto più corto formava una specie di piccolo artiglio.
    Sapevo bene che il drago poteva svegliarsi da un momento all'altro, ma quella creatura mi attraeva a se come una farfalla notturna è attratta dal fuoco.
    Quasi senza accorgermene la mia mano si era già protesa per volerlo toccare, ma il drago si mosse all'improvviso, facendomi sobbalzare mentre ritiravo velocemente la mano.
    Era decisamente l'ora di andarsene. Ritornai sui miei passi, uscendo lentamente dalla grotta.
    La luna era alta nel cielo e mi avrebbe illuminato la strada del ritorno.
    Come arrivai al limitare della foresta mi voltai un'ultima volta a guardare l'entrata della grotta e se non mi prese un infarto ci mancò poco.
    Il drago era uscito dal suo rifugio, mostrandosi in tutta la sua grandezza e beandosi di quella luce argentata che conferiva dei riflessi azzurrini alle sue scaglie chiare.
    Mi fissava intensamente con i suoi grandi e luminosi occhi gialli senza pupilla, quasi come se stesse puntando una preda. Lo spavento mi aveva letteralmente paralizzato e sentivo la fine ormai vicina.
    La creatura si mosse, ma invece di attaccare distolse lo sguardo e salì su alcune rocce poco più in alto con un'agilità felina. Portò indietro la testa, inarcando il collo, per prendere un profondo respiro e poi lanciare in cielo una palla d fuoco che diradò una minacciosa nuvola scura.
    Approfittai di quel momento in cui il drago era distratto per sparire in mezzo alla foresta. Per lo spavento avevo il fiatone come dopo una lunga corsa, ma mi sforzai di prosegiure verso casa.
    Poco dopo si alzò una lieve brezza che scosse le fronde dei rami. In quel sussurro di vento mi sembrò di sentire la voce lieve e suadente di una ragazza che mi ringraziava, ma di chi fosse e per cosa ringraziasse non l'ho mai capito.


    Alasse

    Flettendo i poderosi muscoli delle zampe finalmente Haru prese il volo. Aprì le grandi ali ed abbandonò l’appiglio sicuro su cui poco prima poggiavano le sue quattro zampe dotate di tre letali artigli maggiori. La criniera, che ricopriva la nuca e si allungava per tutta la lunghezza del suo corpo, ondeggiava alla brezza mattutina fredda dell’inverno.
    Il sole, lontano, accarezzava le squame color perla del suo corpo rendendolo lucente come un astro. I grandi occhi color dell’oro incrociarono suoi simili che non diedero segno di averlo visto. Era una scena già vista e rivista per lui. Era un drago strano o speciale, dipendeva da come lo si guardava. Ed effettivamente non direste mai che al calar del sole, la macchia nera che scorre tra le nubi, sia lo stesso drago della mattina. Era proprio così, le sue squame seguivano il tragitto del sole. Durante il pomeriggio, infatti, sul suo corpo iniziavano ad allargarsi grandi macchie nere, che alla sera, finivano per ricoprire l’intero manto bianco di cui la mattina s’era vestito. Nonostante tutto i suoi grandi occhi doranti ed incandescenti, che fissavano gl’altri draghi aldilà della maschera color fumo, rimanevano gli stessi ed erano il suo punto di forza con i draghi del sesso opposto, quelli che lo rendevano il drago più affascinante e misterioso. Il suo corpo era più caldo degl’altri e il suo fuoco più rovente. Era nato sotto la cuspide e ciò gli conferiva questo particolare aspetto e queste caratteristiche. Non ce n’erano molti come lui, per cui la maggior parte del tempo lo trascorreva a cacciare in solitudine o a farsi ammirare degl’altri draghi che lo temevano e rispettavano.
    Alla sera, quando ormai il suo manto era color dell’ebano , tornò dalla sua famiglia. I poderosi artigli si ritrassero, il collo lungo e flessuoso si ritrasse e gl’occhi si scurirono fino a diventare pozzi neri. Haru era tornato umano ma già aveva nostalgia della libertà del volo. Nonostante tutto aveva dei doveri da adempiere, lui rappresentava l’unico appoggio che gl’esseri umani avevano con i draghi.


    Ea_Pendragon
    Erano le prime luci dell'alba, e il sole stava facendo capolino da sopra le montagne, irradiando la piccola valle di una luce ancora troppo fredda per quel pallido ma limpido mattino d'autunno. La prima cosa che i raggi del sole colpirono fu la parete rocciosa della montagna che chiudeva la valle. Era un ammasso ininterrotto di roccia grigia, aspra e erta, che di tanto in tanto si apriva in qualche cavità, alcune tanto piccole da essere buone solo per i ramarri o gli aquilotti, altre abbastanza grandi da poter ospitare dei rettili ben più grandi dei ramarri, e decisamente più affascinanti. Ma la parete rocciosa era solo uno di tanti altri bei scenari della piccola valle. Un'enorme cascata si apriva sul lato destro della montagna, sbucando fuori con vigore dopo essere scorsa sottoterra all'interno delle altre montagne più alte, molte delle quali sormontate da ghiacciai. L'enorme massa d'acqua precipitava per un buon centinaio di metri, andando a creare un lago che andava a lambire per metà i piedi della montagna prima di defluire in un fiume, che scorreva lungo la valletta, prima attraverso il bosco e poi defluendo fra i pendii sempre più bassi, fino ad arrivare alla pianura, e da li perdersi nell'orizzonte. Ma mano che il sole sorgeva illuminava prima la montagna, andando a far penetrare i raggi in tutte le caverne, poi la cascata, creando un riverbero di luci, un arcobaleno che andava a nascere dal lago, ormai illuminato anch'esso dal sole autunnale. Allo stesso tempo gli uccellini sulle cime degli alberi secolari della foresta iniziarono a cinguettare, e i daini presero a pascolare fra i prati ancora bagnati di rugiada.
    Poi tutto a un tratto l'intera a valle fu squassata da un potente ruggito, che risuonò fra le rocce e i clivi in una lunghissima eco. Gli animali della valle erano abituati a quel ruggito, ma i conigli scappavano ancora nelle loro tane, e i daini sollevavano le teste e iniziavano a fiutare un eventuale pericolo. Però qualche cucciolo di volpe o di gatto selvatico a quel suono usciva incosciente e curioso dalla tana, e volgeva lo sguardo verso la parete rocciosa, ormai totalmente irradiata dal sole. Si mostrava allora ai loro occhi uno spettacolo meraviglioso. Un enorme drago svettava dal punto più alto della montagna, rivolto verso la valle e con il sole che lo colpiva in pieno ,come se anche la stella volesse rendere i propri saluti a quella creatura fantastica, mentre quest'ultima spalancava le fauci e dal baratro profondo della sua gola faceva uscire un grido grave, vibrante e solenne. Il drago stava ben piantato su tutte e quattro le zampe robuste, e inarcava leggermente la schiena, spingendo in avanti l'enorme petto, che vibrava per l'intensità del ruggito che vi usciva così come le forti mascelle che il drago teneva spalancate mostrando la perfetta chiostra di denti bianchi e aguzzi, capaci di fare a brandelli un orso con un solo morso.
    Telperion si svegliò pochi minuti prima dell'alba nella sua caverna, svegliato da un lievissimo squittio. L'enorme drago se ne stava disteso, leggermente sdraiato sul fianco sinistro e con la schiena appoggiata al fondo della caverna. Telperion era un esemplare magnifico di drago delle foreste. Era lungo quanto un abete centenario, dalla punta del naso squamoso fino alla fine della punta ossea della sua lunghissima coda. Quando si alzava sulle zampe posteriori poteva riuscire a guardare negli occhi le civette che nidificavano sui rami più alti dei pini, ma al garrese il drago non arrivava neanche a metà del tronco. Telperion non era come gli altri draghi delle foreste che vivevano con lui nella valle. Non aveva la corporatura molto massiccia dei draghi millenari come lui, ma era più esile, ciononostante non vuol dire che fosse debole. I draghi delle foreste avevano soprattutto gli arti anteriori molto robusti e più lunghi, con degli artigli più grandi ma meno affilati. Anche la schiena era più grande, mentre il bacino e gli arti posteriori erano leggermente più piccoli rispetto agli altri draghi. Telperion invece aveva delle zampe più tozze, che a prima vista potevano sembrare esili, anche dal punto di vista della muscolatura, decisamente meno vistosa di quella dei suoi compagni. In realtà erano molto forti, i muscoli erano nascosti, ma pronti a scattare e soprattutto molto tenaci; Telperion poteva stringere i suoi nemici in una stretta ferrea, anche grazie ai suoi artigli, affilati come rasoi. Il segreto stava nelle sue forti spalle, sotto l’attaccatura delle ali, la forza gli fluiva nell'ossatura robusta, ricoperta da una muscolatura ancora efficiente nonostante tutti gli inverni che il drago aveva passato. Le giunture erano rugose, e coperte in parte anche da pelle cadente e in gran parte lacerata, segno delle numerose lotte che avevano segnato Telperion nella sua gioventù; le squame inoltre erano più piccole e ravvicinate, alcune erano diventate più opache o più scure, molte altre erano rovinate e incrinate dai graffi. Ma i graffi nascondevano una grande forza: dalle spalle l'energia veniva convogliata nei bicipiti, meno vigorosi e con le squame leggermente più grandi e di un colore più chiaro, che andava schiarendosi nella parte interna, scendendo dalle spalle fin poi negli avambracci, che lasciavano intravedere tendini fibrosi e tediosi ogni volta che il drago faceva un passo. I gomiti e la parte esterna delle zampe anteriori erano coperti di uno strato i pelle più spessa, con squame anche qui piccole e durissime, che andavano a formare un'efficace armatura adamantina, segnata dalle battaglie. Le zampe quindi terminavano nelle grinfie del drago. Le quattro dita affusolate e grinzose, unite fra loro da una liscia e leggera membrana, più chiara rispetto al colore scurissimo delle squame che stavano sulle nocche, terminavano con altrettanti artigli ricurvi, corti ma affilatissimi, e di un colore quasi metallico, un grigio chiaro che sembrava traslucido, e faceva somigliare quelle armi letali a delle gemme incastonate fra squame dall'aspetto altrettanto prezioso, con la loro superficie vitrea e lucente. Alle quattro dita si opponeva sul fianco della zampa, verso l'interno, un pollice più tozzo. Qui l'artiglio era più largo e meno affilato, di un grigio più opaco e tendente a una tonalità più scura di avorio. Fra le due spalle possenti stava il collo del drago. Non molto lungo, era anch’esso piuttosto tozzo, molto muscoloso alla base, andava a restringersi per poi allargarsi di nuovo in corrispondenza delle ultime vertebre prima del cranio. Andava quindi a sostenere la grande testa di Telperion. Di forma allungata e massiccia, le due mandibole andavano a incastrarsi perfettamente, lasciando però intravedere sotto il labbro grinzoso la fila di zanne superiore, che andava a formare una leggera curva verso il basso, in una sequenza di denti bianchi e affilati come rasoi, ognuno lungo almeno due spanne. Sopra le guance rigide e di forma leggermente squadrata c’erano i magnifici occhi del drago. Fra le palpebre spesse e senza ciglia si intravedeva appena il bianco del bulbo, poiché ad attirare l’attenzione erano soprattutto le enormi e bellissime iridi. Intorno alla pupilla allungata c’era una vera e propria tavolozza di colori: nel cerchio più interno si vedeva un rosso vivacissimo, del colore della lava, che a tratti presentava piccole macchioline vermiglie più in rilievo, quasi fossero davvero pezzi di roccia fusa più calda. Queste macchioline andavano sempre più numerose verso l’esterno della fascia, diventando sempre di un arancione più chiaro, finchè non si fondevano al cerchio centrale che occupava la maggior parte dello spazio delle iridi, che era di un magnifico colore giallo sole. Se la fascia rossa sembrava lava, questa simulava una colata di oro fuso, ancora incandescente e con una grande luminosità, tanto intensa da ricordare lo splendore degli astri, pur mantenendo un colore caldo e ricco. Infine nella parte esterna, dove l’iride sembra quasi ripiegarsi all’indietro tendendo a un colore scuro, c’era una sottilissima strisciata di blu, collegata alla fascia gialla da un bordo verde quasi invisibile. Sicchè sembrava che la colata d’oro si tuffasse direttamente negli abissi marini, di un blu di una tonalità quasi nera, dalla quale però ogni tanto traspare qualche luccichio turchese. Sopra agli occhi c’erano quindi le due arcate sopraccigliari, costellate di squame di un colore tendente al giallo, almeno in quella sinistra. Infatti sulla destra si presentavano tre grossi graffi che l’avevano segnata profondamente, così come la guancia sotto; l’occhio fortunatamente era rimasto illeso grazie a un veloce riflesso di Telperion, che però aveva riportato un altro ricordo delle sue lotte. In fondo al muso si aprivano lateralmente le sottili narici, tra le quali c’era un basso corno osseo, la prima placca della lunga fila di punte argentee e aguzze che proseguiva dal naso fino al grande osso alla fine della lunga coda. L’altezza delle punte non era però sempre uguale: dopo la prima punta sul naso si abbassavano bruscamente, diventando solamente delle squame più alte e vagamente più chiare, ma all’altezza degli occhi ricomparivano gradualmente delle punte sempre più alte, che raggiungevano l’altezza di poco meno di una spanna sulla nuca ( dove lateralmente si trovavano anche le due grandi corna robuste leggermente ricurve), per poi rimpicciolirsi finchè non arrivavano all’incavo del collo. Lì le punte andando verso la schiena tornavano ad alzarsi, qui diventando grandi più di una spanna all’altezza massima, sulla cima dorso, per poi tornare a riabbassarsi mentre andavano verso la coda. Quest’ultima era di grandi dimensioni, un enorme muscolo che Telperion usava spesso nei combattimenti, riuscendo ad avvinghiarla attorno ai suoi avversari, e ferendoli con le tre punte che si trovavano proprio sul termine. Due laterali erano sottili e molto aguzze, ed erano disposte ai fianchi di una più grande e piatta, con una forma vagamente romboidale e che costituiva l’ultima vertebra della lunga coda. Questa era l’ultima delle differenze che distinguevano Telperion rispetto agli altri draghi, poiché per il resto della schiena e delle zampe posteriori non era dissimile dai suoi compagni. Nella parte anteriore del busto si apriva l’enorme torace, che si abbassava e si gonfiava ritmicamente in grandi respiri durante il sonno-veglia del drago, che sbuffava fuori dalle narici fiotti intensi di aria calda, che rischiavano di abbrustolire i topolini che incautamente si avventuravano nella caverna della bestia. Sotto l’enorme torace c’era il ventre più molle e vulnerabile, ma protetto ugualmente dalla corazza di squame dure come la pietra; quindi c’erano gli arti posteriori. Simili quanto a struttura alle zampe davanti, avevano muscoli molto più sviluppati e giunture più spesse, come i garretti callosi. Negli altri draghi erano più corte delle zampe anteriori, ma date le dimensioni di quelle di Telperion, erano pressappoco uguali. Questo però consentiva al drago di sfruttare meglio la spinta da dietro, riuscendo a darsi più slancio e impiegando meglio la propria forza. Erano anche queste le sue armi vincenti che gli avevano consentito di vincere tante battaglie; purtroppo col sopraggiungere dell’età i riflessi del drago si erano fatti meno veloci, e questo gli era valso una brutta ferita alla zampa destra: all’altezza del bacino un brutto squarcio si era spinto fino a tranciare superficialmente il quadricipite, in un brutto graffio diagonale. Ormai non rimaneva che una cicatrice, ma il drago sentiva ancora i postumi della ferita, che di tanto in tanto gli dava ancora delle fitte e che lo costringeva a zoppicare. Ciononostante Telperion non abbandonò mai il suo portamento regale che lo contraddistingueva, e continuò a camminare imperterrito nella sua valle, guadagnandosi il riconoscimento dei gruppo di draghi che ci viveva. Infine Telperion aveva delle ali enormi: esse spuntavano poco più su delle spalle, con dei grandi muscoli a sostenerle. La foggia era quella delle ali di un pipistrello, con una grande membrana piuttosto spessa che si tendeva da un dito all’altro. Quando il drago le spiegava per prendere il volo la sua apertura era quasi alla stregua, se non maggiore, della sua lunghezza totale, e quando le richiudeva ripiegandole aderenti al corpo il dito più lungo arrivava a sfiorare la metà della coda. Ma la cosa più bella di Telperion non erano le ali, non era la coda, e non erano nemmeno le sue zampe forti: era il colore. Perché Telperion era verde. Non il verde erba dei cuccioli, non il verde smeraldo dei giovani in forze, e nemmeno il verde muschio dei draghi più anziani. Le sue squame erano di tutte le tonalità di verde possibile, che andavano sfumando pian piano lungo il corpo del drago. Sulla sommità del dorso, del collo e della coda la tonalità era più scura, e andava schiarendosi gradualmente scendendo lungo i fianchi, attraversando tutte le sfumature, fino ad arrivare a un verde chiaro tendente al giallo sulla pancia e l’addome, così come la parte frontale del collo, dove le squame erano più larghe. La testa nel suo insieme era leggermente più chiara rispetto al corpo, con un colore più vivace e intenso, che si accostava perfettamente allo sguardo penetrante del signore della valle. Il colore rifletteva perfettamente anche il carattere di Telperion, che durante la sua lunga vita aveva imparato a sapersi adattare alle situazioni, e che considerava ogni aspetto di una circostanza, affrontando la vita con un perfetto misto di sana curiosità e profonda saggezza, così come le sue squame formavano un perfetto mosaico, incastonandosi perfettamente le une alle altre, andando a creare un arcobaleno di tutti i colori che si possono trovare in una foresta, o in una valle come quella, anche con sprazzi improvvisi di colori diversi, che però si intrecciavano perfettamente alle trame profonde di tutte quelle sfumature smeraldine.
    Questo era Telperion. Il drago che stava in cima alla gerarchia della valle, e che si era guadagnato la vita e il rango attraverso moltissime lotte. Il Signore della vallata si riscosse dal suo sonno, e sollevata la testa si guardò attorno in cerca del lieve rumore che l’aveva svegliato. Dopo pochi secondi di riflessione sollevò con decisione un masso con un artiglio trovando un piccolo topo impaurito, che si affrettò ad andarsene precipitosamente. Telperion increspò il labbro superiore in quello che era il suo sorriso, compiaciuto che i suoi istinti di cacciatore erano ancora perfettamente funzionanti, tanto da permettergli di individuare una creatura così minuscola. Allora si alzò dal pavimento roccioso della sua caverna, e dopo essersi stiracchiato le membra (cautamente, per non risvegliare il dolore alla zampa destra), andò a salutare l’unica creatura che viveva insieme a lui nella grotta: la sua compagna Laurelin. Il grande maschio si accostò alla dragonessa e leggermente le sfiorò il collo con il naso squamoso. La dragonessa vermiglia se ne stava accoccolata sul fondo della grotta, con le ali dal colore aranciato disposte a coprirle il corpo, mentre la testa se ne stava appoggiata alle zampe stese davanti a sé. Al tocco del compagno si riscosse strabuzzando gli occhi in un veloce battito di ciglia, per poi fissare le sue profonde iridi blu zaffiro in quelle dorate di Telperion, in uno sguardo dolce e caldo. Allora spinse la testa verso l’alto contro il collo del maschio, che piegò la testa fino a stringerla in un abbraccio affettuoso. Dopo qualche momento di quell’abbraccio, simbolo di un amore che durava ormai da decenni, Telperion si scostò dalla compagna e imboccò l’apertura della grotta. Si ritrovò sul ciglio di un piccolo terrazzino naturale, che stava a poche braccia dal getto della cascata. Il drago camminò fino al limite estremo, il più vicino alla cascata, e tendendo il collo immerse la grande testa sotto il getto d’acqua, godendo del refrigerio delle migliaia di gocce d’acqua che andavano a frangersi sulle sue squame cristalline, lavandole dall’eventuale polvere e donando loro una lucentezza ancora più intensa. Quando si sentì abbastanza fresco e pulito Telperion ritirò la testa e si scosse per far volare via le goccioline, creando per qualche attimo infinitesimale quasi una corona di gocce inondate dalla luce del sole, formando un’aureola maestosa attorno al capo del drago. Laurelin intanto si era alzata anche lei e si stava godendo la vista della vallata alle prime luci dell’alba. Quando vide che il suo compagno era pronto gli si avvicinò e gli diede un leggero colpetto sulla spalla per incitarlo, intanto lo guardava teneramente negli occhi. “Vai a salutare il tuo regno”. Questo dicevano. E Telperion non se lo fece ripetere: allargò le ali, e dandosi lo slancio con le possenti zampe si levò in volo. Sorvolò il lago cabrando a centinaia di metri di altitudine, poi con una leggera torsione delle ali si diresse verso la cima della montagna, dove un enorme sperone di roccia si protendeva verso la valle. Il drago diminuì la velocità e con due ultimi poderosi battiti d’ala poggiò delicatamente le quattro zampe a terra. Allora si volse verso quel piccolo paradiso che era la sua terra, e guardò il sole nascente. Intanto tese il collo verso l’alto aprì le mascelle, mentre chiudeva gli occhi in un attimo sospeso. Un secondo dopo ruggì con tutta la forza che aveva, svuotando l’immensa riserva di aria che aveva nei polmoni, salutando e svegliando tutti gli abitanti della valle che erano poi i suoi sudditi. Una ad una le teste del popolo di draghi di quella vallata facevano capolino dalle cavità nella montagna, e molti di loro si alzarono in volo a rendere omaggio al loro re, ruggendo anche loro in segno di saluto, finchè la valle non risuonò delle grida gioiose dei draghi. Allora Telperion richiuse le mascelle e aprì gli occhi, e dominando la valle dalla vetta più alta guardò con fare maestoso il suo regno che piano piano si stava svegliando in quel fresco mattino d’autunno.


    Crakuza

    CALLIDIA
    (dal latino callidus = puro)
    La luna splendeva alta nel cielo. La luce andava ad appoggiarsi sulle curve del corpo della bestia, rilucendo nel buio, risaltando sulla pelle nera del drago; nera come la roccia vulcanica sulla quale quel corpo possente era adagiato, in tensione, pronto a scattare, come un felino in agguato. Il silenzio della notte era accompagnato da un respiro grave.
    A un tratto quel suono si spense e la calma venne destata da un rumore acuto, come di un ramo spezzato, e sulla fronte della bestia, proprio in mezzo agli occhi, la pelle si spezzò: i bordi della crepa si arricciarono, mostrando una pelle candida, bianca come i riflessi sul resto del corpo. Il silenzio pervase di nuovo i dintorni, ma poco dopo la crepa si espanse: dai vertici si diramarono due linee che passarono l'una sotto la mandibola, l'altra tra i padiglioni auricolari. All'altezza degli arti anteriori le crepe si duplicarono, passando sul ventre e sul dorso, fino a raggiungere il vertice della coda, e intaccando, passando per le zampe anteriori, le estremità delle ali. Piccoli stralci di pelle si intravedevano dalle crepe, che andavano allargandosi col passare dei secondi. In poco tempo la muta si completò.
    La wiverna, ora completamente bianca e lucente, si destò e scattò silenziosamente dalla rupe, gettandosi nel vuoto. Ad un tratto spalancò le ali, per volare fino al centro della foresta sottostante.
    Il ritmo del battito delle ali accompagnò l'atterraggio, durante il quale nei robusti arti del drago si vedevano i muscoli e i tendini rilassarsi e contrarsi.
    Appoggiate al suolo le zampe posteriori, ripiegò le ali verso il dorso e si guardò intorno guardingo. Ora i riflessi della luna si confondevano tra le sue scaglie bianche.
    Non era grande per essere un drago: alto come un cavallo, con una lunga coda serpeggiante e appuntita e una testa piccola, simile al cranio di un gatto, con orecchie corte e occhi verde smeraldo. Aveva un'apertura alare di circa 12 metri, il che consentiva di svolgere lunghi spostamenti in volo, favoriti anche dal peso ridotto del corpo e dalla grande mobilità delle ali, che essendo congiunte alle zampe anteriori, erano in grado di compiere svariati movimenti.
    Nel ventre della bestia ribolliva un nucleo di fuoco, che riscaldava l'ambiente circostante e consentiva al drago di attaccare nemici e prede con un soffio di fuoco verde come i suoi occhi.



    Edited by .:(Hinata-Hyuga):. - 25/10/2011, 14:49
     
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    Io non partecipo, ma avevo voglia di scriverla per farvi vedere come l'avrei fatto ^^ buona lettura

    Il freddo vento dell'Oirama soffiava costante un'altra alba... quante ne aveva viste sorgere?
    Per secoli Handraco era vissuto, respirando con orgoglio la dura aria del suo territorio nascosto tra le aspre montagne. Nessuno poteva passare nel suo regno, che non una creatura osasse penetrare nel suo dominio.
    Il drago sbadigliò, inspirando con forza la fredda brezza mattutina. Il sole splendeva sul riverbero della neve sulle cime più alte. Era ora di cacciare.
    Handraco si alzò lentamente, stirando i muscoli possenti e guizzanti sotto le dure squame, mentre le ali si tendevano con naturalezza, accompagnate da forti schiocchi.
    La membrana si tese come la pelle di un tamburo e per un attimo un velo argenteo invase la grotta. Gli artigli lunghi e affilati grattarono sulla roccia gelida, producendo un rumore stridulo tra le varie ossa spolpate che vi giacevano.
    scrollando la testa il drago prese ad avanzare, la testa alta e fiera davanti a se e la coda che saettava dietro di lui, bilanciando la grande mole. Con un balzo fu fuori dalla sua tana e, arrampicatocisi sopra, potè afferrare la sporgenza della roccia a strapiombo sul precipizio sottostante e con un ruggito che gli scosse la gola ed il petto annunciare la sua nuova battuta di caccia.

    Il vento scivolava leggero sotto le sue grandi ali, capaci di coprire una casa con la loro ampiezza. Chi lo vedeva dal basso poteva scorgerne la pancia coperta da robuste placche ossee che si intrecciavano tra loro creando arcani simboli. La lunga fila di corna che partiva dalla nuca fino alla punta della coda era già piena di fredda brina a causa dell'elevata altezza, Ma Handraco non ci badò neppure. Il giorno era appena iniziato.

    Sbattè una o due volte le ali prima di guardare sotto di se: ai suoi piedi una rigogliosa vallata si stendeva per molte miglia, e nulla sfuggiva alle sue violacee pupille, dall'agile camoscio che si inerpicava sul monte, all'aquila che sfrecciava più vicina di quanto nessun altro animale potesse fare. Il vento creava un rumore assordatne e le correnti d'alta quota facevano fremere le ali e la coda. Senza quest0ultima il drago non avrebbe potuto volare perchè la coda è indispensabile per controllare la direzione che si vuole seguire nel volo. La alzava e inclinava seguendo le oscillazioni del vento, ora cadeva ed ora la abbassava, con un ritmo dettato dall'istinto.
    Uno scatto della testa portò i suoi occhi a fissare la prossima preda. Un guizzo negli occhi voraci preannunciò la frenesia della caccia, i 5 lunghi artigli ebbero una contrazione che portò le zampe ad aprirsi per lasciare libera la visuale.
    La creatura si fermò a mezz'aria, continuando a battere le forti ali senza sforzo. Poi si gettò in picchiata.
    La testa tendeva verso il basso, imperturbabile alla fortissima corrente che aveva contro e che accelerava di secondo in secondo. Un rombo spaventoso gli riempiva le orecchie, piccole cavità ai lati della testa coperte solo da una piccola membrana a ventaglio simile a quella delle ali. Cadde silenzioso come una foglia d'autunno, ma veloce come una stella. In breve fu a un centinaio di metri dalla sua preda: un grosso Kurt.
    Ma l'animale non era stupido. I suoi liquidi occhi bovini si volsero in tempo per vedere la morte incombere su di sè e fece un balzo sugli zoccoli duri per cercare di scappare, la sua razza era rinomata per l'agilità e la velocità sul territorio montuoso, ma contro un drago non aveva speranze e il suo gemito di terrore si estinse in una fiammata.
    Handraco ad appena un metro dai suoi zoccoli aveva schioccato la mascella con un suono lugubre, ma i denti affilati come spade avevano mancato il bersaglio. Infuriato aveva invocato il rovente fuoco del suo ventre, lo aveva sentito rombare con la forza di un tuono nel petto e poi nella gola fino alla lingua, dove aveva arso con foga liberatoria mentre usciva con un getto rovente. Per 3 iarde la gittata del suo soffio mortifero incenerì qualunque cosa, compreso il suo obbiettivo che si accasciò a terra mentre la lunga pelliccia era coperta di fiamme danzanti.

    Con una brusca frenata delle ali Handraco si fermò pochi metri più avanti, lasciando profondi solchi sulla terra dove i suoi artigli ancorarono il suolo. La legge del più forte vinceva ancora.
     
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    dai, guardate che potete ancora postare! liberate la fantasia ;)
     
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    Domani scade

     
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    CONCLUSO CONTEST! FINITO HALLOWEEN CI SARA' LA PREMIAZIONE



    Si lascia la parola a un utente esterno che verrà cercato dallo staff di Dragon Cave Ita per giudicare gli elaborati.

    Edited by .:(Hinata-Hyuga):. - 26/10/2011, 18:31
     
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    L'utente di Black Parade (forum shikatema) ha gentilmente fatto da giudice per questa gara, decretando una classifica.

    Pantesilea
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    CITAZIONE (Pantesilea @ 27/10/2011, 12:43) 
    Eccomi qui!
    Scusa il ritardo, ma mi sono presa un pò di tempo per leggerli.

    Allora, a mio modesto parere:

    1) Nikko: perché oltre la descrizione puramente fisica ha inserito il drago in un contesto veramente originale, che molto ci dice di lui e che una buona descrizione non può trascurare.

    2) El Pendragon: si tratta sicuramente di un drago classico, ma lo stile descrittivo è eccelso, degno di un romanzo swordandsorcery

    3) Nightmare, perché comunque lo stile descrittivo è alto, anche se un pò meno avvincente dei precedenti

    4) e 5) Alasse e Crakuza in quest'ordine. Sono simili in realtà, ma lo stile di Alasse mi è sembrato più sciolto e dinamico.

    Il vincitore è dunque Nikko!
    Ti verrà dato un disegno quanto prima del tuo drago e potrai richiedere un breeding a scelta, tutto quello che vuoi esclusi metallics e holyday.


    Questa persona è stata scelta per l'effettiva esperienza derivante dalla lettura di molte fiction e descrizioni.
    Per ringraziarla le sarà inviata una targhetta e lo spam del loro forum verrà aggiunto ad un annuncio in Dragon Cave Ita per una settimana.


    Complimenti a tutti coloro che hanno partecipato, siete stati molto bravi e sopratutto aveva mostrato l'interesse a partecipare, se ne terrà conto ;)

    Alla prossima gara: Questa
     
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6 replies since 26/9/2011, 17:17   371 views
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